AGLIATE - 8 MARZO
«Esprimiamo spiritualmente la nostra fede pregando gli uni per gli altri e volendoci bene»
L’Arcivescovo, nella basilica di Agliate a porte chiuse, ha presieduto la Celebrazione eucaristica nella II domenica di Quaresima trasmessa in diretta grazie all'impegno di Rai3 e Tgr Lombardia.
«In questo nostro tempo di vita rallentata, di attività sospese, possiamo fermarci con Gesù e imparare il significato delle cose, la vocazione iscritta negli affetti, la verità di Dio»
maggiori dettagli chiesadimilano.it
Riportiamo il testo integrale dell'omelia pronunciata dall'Arcivescovo di Milano Mario Delpini (fonte chiesadimilano.it)
Fratelli, sorelle,
non è possibile costringere la bellezza dell’incontro tra Gesù e la Samaritana negli schemi di
una religiosità convenzionale. Cerchiamo pertanto di andare alla radice, raggiungendo lo
sguardo e l’intenzione profonda del cuore di Gesù. Da Lui scaturisce un’acqua che “zampilla
per la vita eterna”, come Lui stesso dice parlando alla donna Samaritana.
Sconfinare
Tutto comincia con una deviazione di percorso. Gesù aveva lasciato la Giudea per dirigersi in Galilea “doveva perciò attraversare la Samaria” (Gv 4,4). Ma Gesù deve o vuole attraversare la Samaria? Perché per andare dalla Giudea in Galilea sceglie il percorso più lungo e non quello più diretto lungo il Giordano? Gesù decide di attraversare una terra abitata da gente ostile ai Giudei; terra di eretici che preferiscono adorare Dio sul Garizim, piuttosto che recarsi al tempio di Gerusalemme. Ma Gesù ama deviare, sconfinare; sicuro di poter incontrare chi già si porta nel cuore. Guardando a Gesù che attraversa caparbiamente la Samaria, ci si rende conto che il mondo sarà salvato dalla bellezza di chi, come Lui, ancora sa appassionarsi per la condizione affaticata e complessa della gente. Gesù va in Samaria per incontrare una donna e già sta soffrendo per lei, sino ad essere disposto di lascciarSi ferire. Forse gli schemi delle religioni faticano a capire il mistero della relazione che Gesù stabilisce
con questa donna. La profondità dello sguardo, il tono delle parole dette; Gesù che Si siede all’orlo del pozzo. Ed è Lui che anzitutto rompe la convenzione che proibisce a un rabbino di parlare a una donna. Oltretutto un’eretica samaritana, che nell’ora più calda del giorno, si reca al pozzo per attingere acqua. E nella Sua sete e nella sete di lei, è Gesù che trova spunto per avanzare una richiesta molto precisa e chiara: “dammi da bere”.
Dialogare
Due innamorati, dopo i primi ammiccamenti che fanno? Cominciano una conversazione infinita e quasi sembra a noi, che li stiamo a guardare, che non la smettano più. Nonostante le nostre dichiarazioni che c’è un limite e un senso della misura, quelli non si fermano: vanno avanti a parlare all’infinito, come cercassero insieme qualcosa che anche a loro sfugge. Come volessero arrivare altrove, raggiungendosi nell’anima. Forse a Gesù che dialoga con questa donna p capitato qualcosa del genere. Si comincia a ragionare dell’acqua in generale: come la prendi dal pozzo se non hai il secchio? Poi si passa a dire di un’altra sete: la sete del cuore
di lei, che di mariti ne ha avuti cinque e adesso ne ha un altro; infine si arriva alla sete di Dio, dove è meglio adorare Dio: sul Garizim o a Gerusalemme? Un dialogo tanto appassionato che non si può pretendere di sintetizzare, perdendo per strada sfumature importanti, dettagli che sono come le pieghe che dicono delle svolte del cuore, gli imprevisti stessi dell’amore. Mentre il cuore di quella donna si spalanca alla piena rivelazione che Gesù le riversa dentro, di Lui come Messia, il Figlio di Dio. Infatti “sono io, che sto parlando con te”. Come dicesse: sono io il tuo Dio, un Dio che vuole parlare con te. Che sta già parlando con te. Questo è il nostro Dio. La Sua incarnazione, la Sua presenza appassionata e senza calcoli. Con quella voglia di incontrarti, di stare dalla tua parte, di consolarti, di accarezzarti, di prenderti in braccio.
Stupirsi ancora
E nel mezzo del racconto ecco arrivare i discepoli che “si meravigliavano che parlasse con una donna”. E nell’incertezza invitano semplicemente Gesù a pranzare: “Maestro mangia”., magari ti riprendi, metti i piedi per terra al posto di continuare a parlare con una donna. La donna, invece, intuisce tutto: abbandona la brocca, corre in città, portandosi dentro un bisogno insopprimibile di dire a qualcuno cosa le sta succedendo; mentre Gesù sogna, vedendo campi
di grano maturo e parla del cibo della volontà di Dio che non c’entra con quello che i Suoi Gli hanno messo davanti. Come uno che guarda altrove, dicendo cose che appartengono a
un’altra dimensione. Che solo un cuore innamorato sa ancora dire, gustandole e sapendole fare proprie.. Restiamo sulla scena, cercando di cogliere un cominciamento, l’avvio di un
momento di grazia, dove lo sguardo e il gesto possono valere più di tante parole. Come stesse iniziando una danza, la danza dell’amore che Dio avvia per ciascuno di noi. Conta saper andare oltre le apparenze. PermettendoGli di continuare a scavare, lasciandoLo sconfinare. Lui sa che in noi c’è come “un crepaccio assetato di Infinito” (S. Kierkegaard). Siamo
discepoli di un Dio che ama raggiungerci ancora, raggiungerci sempre. Che non Si stanca di noi. Sono queste le strade del Vangelo di Gesù che ancora attendono una Chiesa che Lo segua e non smetta di ripeterci all’infinito che “il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito” (sl 33,19)