5 OTTOBRE
VI DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI
“Accogliere l’altro significa accogliere Dio in persona”, dice Papa Francesco. Cari fratelli e sorelle, viviamo in un tempo in cui l’accoglienza è una parola che fa discutere molto nel nostro Paese. Si parla di accoglienza verso chi arriva da lontano, di accoglienza verso chi è povero, verso chi è solo. Spesso però, dietro le polemiche, rischiamo di dimenticare che l’accoglienza non è prima di tutto un problema politico o sociale, ma una dimensione profondamente cristiana, radicata nel Vangelo e nella nostra fede. Oggi la Parola di Dio ci invita a riflettere su come vivere l’accoglienza quale segno concreto della presenza di Cristo nella nostra vita.
Nella prima lettura, tratta dal Primo Libro dei Re (17,6-16), incontriamo la figura della vedova di Sarepta. In un tempo di carestia e di fame, questa donna, povera e senza risorse, accoglie nella sua casa il profeta Elia e gli offre il poco che le rimane: un pugno di farina e un po’ d’olio. Umanamente sarebbe stato logico rifiutare, conservando quel poco per sé e per suo figlio. Ma la fiducia nella parola del profeta la spinge ad aprire il suo cuore e la sua casa.
E proprio quell’atto di accoglienza e di fede diventa fonte di vita: la farina non si esaurisce e l’olio non viene a mancare. Questo episodio ci mostra che accogliere non impoverisce, ma moltiplica. Quando ci fidiamo di Dio e ci apriamo all’altro, anche quel poco che abbiamo diventa abbondanza. L’accoglienza, dunque, non nasce dall’avere molto, ma dal credere che Dio provvede. È un gesto che scaturisce da un cuore che si affida e che scopre, nel dono, la benedizione del Signore.
La lettera agli Ebrei ci offre indicazioni molto pratiche: perseverate nell’amore fraterno, non dimenticate l’ospitalità, ricordatevi dei carcerati e dei maltrattati. L’accoglienza non è un optional, ma un criterio di autenticità della vita cristiana. L’autore aggiunge anche un particolare sorprendente: accogliendo lo straniero, “alcuni senza saperlo hanno ospitato degli angeli”. Questo ci dice che nell’ospite, nel povero, nel bisognoso, è Dio stesso che ci viene incontro. Non si tratta solo di fare un gesto buono, ma di incontrare Cristo che si fa presente nelle fragilità dei fratelli.
Gesù è molto chiaro: “Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato”. L’accoglienza diventa così una via per incontrare il Signore. Persino un bicchiere d’acqua dato a un piccolo ha un valore eterno. Non contano tanto le grandi opere, ma la disponibilità del cuore che si esprime anche nei gesti più semplici. Accogliere significa riconoscere nell’altro un fratello, non per quello che può darci, ma perché è immagine di Dio.
Fratelli e sorelle, come possiamo vivere concretamente l’accoglienza? Innanzitutto in famiglia, imparando ad ascoltarci e a sostenerci. Poi nella comunità parrocchiale, dove nessuno dovrebbe sentirsi escluso o giudicato. E anche nella società, dove siamo chiamati a essere segni di apertura e di dialogo, specialmente verso chi è più fragile o viene da lontano. Non ci viene chiesto di fare tutto, ma di iniziare da gesti semplici: un sorriso, un tempo dedicato, un aiuto concreto, un atteggiamento di benevolenza. Così la nostra vita diventa testimonianza che Cristo è vivo in mezzo a noi e che il suo amore si manifesta nell’accoglienza reciproca. Amen.
don Titus




