6 LUGLIO
IV DOPO PENTECOSTE
Fratelli e sorelle carissimi, oggi la Parola di Dio ci conduce in un viaggio profondo dentro il cuore umano, tra le pieghe della gelosia, della fede e del perdono. Ci invita a guardare in faccia ciò che spesso preferiremmo ignorare: la ferita dell'altro e quella che portiamo noi, il desiderio di essere amati e il rischio di allontanarci da Dio e dagli uomini. È una Parola che ci interroga e ci consola, che ci chiama a camminare non solo verso l'altare, ma verso il fratello, là dove comincia il vero culto.
Nel sangue di Abele, versato da Caino, la terra grida, e Dio ascolta quel grido. Anche noi, a volte, somigliamo a Caino: incapaci di accettare il bene dell’altro, schiavi del confronto, pronti a chiuderci nel nostro risentimento. Ma Dio non si allontana nemmeno quando sbagliamo: ci cerca, ci interroga, ci protegge persino nella colpa. In questo brano di Genesi non c’è solo il peccato dell’uomo, ma la tenerezza di un Dio che non abbandona mai. E noi, possiamo ancora imparare a guardare gli altri non come rivali, ma come fratelli affidati alla nostra custodia.
La Lettera agli Ebrei ci ricorda che la fede è cammino nell’invisibile, forza che ci sorregge quando tutto sembra incerto. Abele, con la sua offerta sincera, ci mostra che la fede non è solo credere in Dio, ma affidarsi a Lui con tutto ciò che siamo. Noi viviamo in un tempo che chiede prove e risultati, ma Dio guarda il cuore. Possiamo ancora credere in un amore che non si vede, in una giustizia che non si impone, in una vita che va oltre il visibile? La fede ci rende liberi dal bisogno di essere migliori degli altri, perché ci insegna che siamo già amati, così come siamo.
Nel Vangelo, Gesù ci mostra la strada del Regno: non basta non uccidere, bisogna anche non odiare, non disprezzare, non ignorare. L’ira, l’insulto, la divisione sono fratture dell’anima, che ci allontanano da Dio quanto e più di un’offesa visibile. Ecco perché ci dice: «Lascia lì la tua offerta e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello». Noi che veniamo all’altare con i nostri doni, siamo chiamati a verificare prima la qualità delle nostre relazioni. Perché Dio non si accontenta di gesti religiosi: vuole cuori riconciliati.
Fratelli e sorelle, oggi la Parola ci invita a vivere la fede come offerta sincera, a guardare il fratello non come un pericolo ma come un dono, a credere che la riconciliazione è il primo passo verso Dio. Nella nostra vita quotidiana, questo significa imparare a chiedere scusa, a fare il primo passo, a credere che la pace è più importante dell’orgoglio. E se ci sentiamo smarriti, come Caino, possiamo ricordare che Dio non si stanca mai di offrirci una via d’uscita: la via del perdono, della fede, dell’amore che ricostruisce ciò che l’odio ha spezzato.
don Titus