4 MAGGIO
III DOMENICA DI PASQUA
Fratelli e sorelle nel Risorto, oggi la Parola ci conduce, come pellegrini del tempo pasquale, davanti a una verità che consola e provoca: la luce è venuta nel mondo, ma non sempre trova accoglienza. Eppure, non smette di cercarci. Non si ritira quando trova la porta chiusa. La luce non fugge le ombre: le attraversa.
Gesù, nel Vangelo di oggi, ci consegna una delle sue dichiarazioni più potenti: “Io sono la luce del mondo. Chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita.” (Gv 8,12)
Parole che brillano come sole all’alba, ma che Egli pronuncia nel tempio, in mezzo a dispute e incomprensioni, dove già si prepara il rifiuto.
La luce, dice Gesù, non è solo un dono: è un cammino.
Seguire Lui è imparare a vedere nel buio,
a riconoscere il bene anche nei giorni opachi,
a camminare senza garanzie, fidandosi del cuore illuminato dalla verità.
San Paolo, nella seconda lettura, si presenta come servo del Vangelo, chiamato ad annunciare “la buona notizia” a tutti i popoli. Non si vergogna del Vangelo, dice, perché in esso c’è la potenza di Dio per chiunque crede. E dove lo troviamo, in effetti, nella prima lettura?
A Roma, nel cuore dell’impero, dove le tenebre del potere e dell’idolatria sembrano più forti.
Ma Paolo annuncia. Parla. Spiega. Insiste. E alla fine afferma, con fierezza e dolore: “La salvezza di Dio è stata inviata ai pagani, ed essi ascolteranno.”
Fratelli e sorelle, la luce non si lascia confinare.
Quando viene rifiutata da una parte, si rivolge altrove, e continua a illuminare.
Non si spegne: cambia strada.
Come l’alba che, anche quando trova le nuvole, trova un modo per filtrare tra le fessure.
Se l’oscurità prevale…
Ma cosa accade se l’uomo rifiuta la luce?
Se preferisce la tenebra perché, come dice Gesù altrove, “le sue opere erano malvagie”?
Accade qualcosa di profondo: non solo si smarrisce il cammino esteriore, ma anche quello interiore.
Non vediamo più l’altro.
Non riconosciamo più noi stessi.
Il cuore diventa un luogo cieco, dove si confondono verità e menzogna, amore e interesse, giustizia e calcolo.
Come scrisse Emily Dickinson: “La notte non è che l’inizio del giorno se vi è una candela accesa.”
Ma se quella candela non c’è?
Se nessuno osa più credere che sia possibile accendere?
Allora tutto diventa paura. Non perché la notte sia invincibile, ma perché abbiamo dimenticato la direzione del sole.
La luce è vocazione
Fratelli e sorelle, il tempo di Pasqua non è tempo di luci decorative.
È tempo di fuochi interiori.
Di vocazioni.
Perché se Cristo è la luce del mondo, ciascuno di noi è luce nel mondo:
luce piccola, tremante forse, ma viva.
Come dice Sant’Agostino: “Non dire che la notte è lunga: accendi la tua lampada.”
E allora ti chiedo:
In quali angoli del tuo cuore Gesù non è ancora entrato?
In quali relazioni hai lasciato che l’ombra parlasse più della verità?
C’è un buio che stai nascondendo, per paura che venga illuminato?
Cristo non viene a svergognarci.
Viene a rischiarare.
Viene a dire che non sei solo.
Che anche nei giorni più confusi, lui cammina accanto a te con un lume in mano.
Oggi, la luce ci viene donata non come riflettore, ma come compagna di viaggio.
La luce di Gesù è come la luce dell’alba nei boschi:
non abbaglia, ma rivela i contorni, guida i passi, calma i pensieri.
E se c’è una preghiera che possiamo fare in questa terza domenica di Pasqua, è questa:
Signore Gesù, luce del mondo,
non permettere che l’ombra della paura o del dubbio abbia l’ultima parola.
Fai brillare nel nostro cuore la tua verità,
che non ferisce, ma guarisce.
Che non condanna, ma orienta.
Che non grida, ma chiama.
Amen.
E come scriveva il poeta indiano Tagore: “Cammina da solo nella notte, se serve. Ma cammina con la lampada della tua speranza.”
Cristo è la nostra luce.
Camminiamo con Lui.
E non avremo più paura del buio.
Amen.
don Titus