22 GIUGNO
II DOPO PENTECOSTE
Fratelli e sorelle carissimi, quante volte ci svegliamo con un pensiero che ci stringe il petto. Quante volte il cuore corre avanti, immaginando problemi che forse non arriveranno mai. Siamo creature fragili, abitate da ansie che nascono dall’amore e dalla paura, dalla responsabilità e dalla solitudine. Ma oggi la Parola di Dio non ci rimprovera per questo: ci accoglie proprio lì dove l’ansia nasce, e ci indica un cammino che porta dalla preoccupazione alla fiducia.
Il libro del Siracide ci ricorda che Dio ha creato tutto e conosce tutto, eppure non disprezza i nostri limiti. Ci guarda con misericordia, perché sa che la nostra vita “è come una goccia d’acqua caduta sulla terra”. La nostra ansia, allora, non è un difetto da nascondere, ma un grido che ci ricorda che non siamo Dio - e che proprio per questo, abbiamo bisogno di Lui.
San Paolo, nella Lettera ai Romani, ci apre una finestra su una speranza più grande. Tutta la creazione geme nell’attesa, come una donna che sta partorendo: anche la nostra ansia è una doglia, un segno che dentro di noi pulsa nel desiderio di qualcosa di più grande, di un mondo redento, di una pace che solo Dio può dare. Noi gemiamo, ma gemiamo nella speranza.
E nel Vangelo, Gesù ci parla con la tenerezza di chi conosce il cuore umano: “Non preoccupatevi per la vostra vita.” Non dice “fate finta di niente” o “non pensate a nulla”, ma ci invita a guardare oltre, a fissare lo sguardo non sull’ansia, ma sul Padre. Un Padre che nutre gli uccelli del cielo e veste i gigli dei campi, e che molto più si prenderà cura di noi.
Forse non potremo evitare l’ansia, ma possiamo imparare ad attraversarla con uno sguardo diverso. Ogni preoccupazione diventa un invito a fermarsi e domandarsi: in chi sto riponendo la mia fiducia? Non è un peccato essere inquieti, ma è una grazia lasciarsi inquietare da Dio, che ci chiama a confidare. Possiamo scegliere, ogni giorno, di non lasciarci soffocare dalle paure, ma di respirare nel presente e cercare prima il Regno, nelle piccole cose, nel silenzio, nella preghiera fedele. Quando l’ansia ci assale, non serriamo le mani: apriamole, e offriamo quel peso a Colui che non abbandona. Perché la vera pace non viene dal controllo, ma dalla comunione. E in Dio, ogni attesa, anche la più dolorosa, può diventare grembo di speranza. Amen.
don Titus