18 MAGGIO
V DOMENICA DI PASQUA
Carissimi fratelli e sorelle nel Signore, la pace e la gioia del Risorto siano con voi. In questa quinta domenica di Pasqua, la Parola ci consegna un'immagine potente della Chiesa nascente: “un cuor solo e un’anima sola”. Non un ideale lontano, ma una realtà viva, nata dalla forza della risurrezione. Nessuno considerava sua proprietà quello che possedeva, perché lo Spirito aveva trasformato la logica del possesso in logica del dono. È così che la comunità diventa casa, diventa segno, diventa corpo di Cristo visibile nel mondo. In un tempo come il nostro, spesso diviso e individualista, questa immagine evangelica non è nostalgia, ma profezia: siamo chiamati anche oggi a essere una Chiesa in cui la comunione sia più forte delle differenze, più luminosa delle ferite.
San Paolo, nella sua lettera ai Corinzi, ci indica la via più alta, più necessaria, più vera: la carità. Non una carità generica o sentimentale, ma quella che ha il volto concreto della pazienza, dell’umiltà, della gratuità. “Se anche distribuissi tutte le mie sostanze… ma non avessi la carità, a nulla mi gioverebbe.” Senza amore, ogni parola è vuota, ogni gesto è sterile, ogni comunità è fragile. Eppure, dove c’è carità vera, lì tutto fiorisce: perché la carità è l’unico dono che non conosce tramonto. È questa la lingua della Chiesa risorta, è questo l’alfabeto dell’eternità: amare come siamo stati amati, senza misura, senza vantaggio, senza paura.
Nel Vangelo di Giovanni, Gesù, nel cuore della notte del tradimento, pronuncia parole che sono luce: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi.” In quel “come” c’è tutto: un amore che si china, che perdona, che serve, che dà la vita. È il segno che ci distingue, non una scelta facoltativa ma un’identità: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli.” E allora ci chiediamo: se oggi il mondo guarda la Chiesa, cosa vede? Regole o relazioni? Strutture o ferite curate? Solo una Chiesa che ama può essere credibile, solo una comunità che accoglie può annunciare davvero il Risorto.
Per questo, come ha detto con forza poetica e profetica il nuovo Papa Leone XIV:
“Se la Chiesa deve brillare come una stella nel mondo, che sia per la sua carità ardente. Non per la forza, ma per la fiamma dell’amore. Un amore che non divide, ma unisce. Non un amore che parla, ma che soffre con. Così sarà creduta, così sarà amata, così sarà – finalmente – casa per ogni uomo.” Ecco, fratelli e sorelle: lasciamoci riconoscere da questo amore. Costruiamo relazioni che profumino di Vangelo, comunità che si riscaldino nel fuoco della carità, gesti che parlino della Pasqua con la voce dell’umiltà. Allora sì, saremo Chiesa. Allora sì, il mondo crederà. Amen.
don Titus