9 FEBBRAIO
V DOPO L'EPIFANIA
Cari fratelli e sorelle nel Signore, oggi la Liturgia della Parola ci invita a riflettere su tre temi centrali: l'unità del popolo di Dio, la fede che salva e la misericordia di Cristo.
Nella prima lettura dal profeta Ezechiele, Dio promette di raccogliere il suo popolo disperso e di fare di loro "un solo popolo", sotto un unico re, che sarà il discendente di Davide. Questa profezia si compie in Gesù Cristo, il Re Messia, che non solo unisce Israele ma apre alla salvezza tutte le nazioni. L'alleanza che Dio stabilisce non è temporanea, ma eterna, e si realizza nella Chiesa, comunità di credenti chiamata a vivere nell'unità e nella fedeltà a Dio.
La seconda lettura, tratta dalla Lettera ai Romani, ci ricorda che la salvezza è per tutti coloro che invocano il Signore con fede. Non vi è distinzione tra Giudeo e Greco, poiché Cristo è il Signore di tutti. Questo passaggio sottolinea l'importanza della fede dichiarata con la bocca e creduta con il cuore. Non basta una fede intellettuale o superficiale: la fede autentica trasforma la vita e ci apre alla giustizia e alla salvezza.
Infine, nel Vangelo, troviamo un episodio straordinario: la guarigione del servo del centurione. Quest'uomo, pur essendo un pagano, dimostra una fede profonda e sincera, tale da stupire lo stesso Gesù. Le sue parole: "Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di' soltanto una parola e il mio servo sarà guarito" sono diventate parte della nostra liturgia eucaristica. Questa scena ci insegna che la vera fede non dipende dalla nostra appartenenza religiosa o culturale, ma dalla nostra apertura a Cristo con umiltà e fiducia totale nella sua Parola. Da questa Parola possiamo trarre tre insegnamenti.
- Comprendere l'autorità: Il centurione, pur essendo un alto ufficiale romano, riconosce di non avere tutto il potere. Comanda soldati, ma sa che Gesù comanda anche sulle malattie. Non cerca di risolvere il problema da solo, ma si affida a chi ha il vero potere di guarire. Questo ci insegna che dobbiamo riconoscere i nostri limiti e lasciare che Dio operi ciò che noi non possiamo fare. Spesso vogliamo avere il controllo su tutto, ma la vera fede ci porta ad affidarci a Dio con umiltà.
- Le parole sono potenti: Il centurione dice a Gesù: "Di' soltanto una parola e il mio servo sarà guarito". Nonostante la sua posizione elevata, non si ritiene degno di accogliere Gesù in casa sua. Questo ci invita a riflettere sul peso delle nostre parole. Le parole possono costruire o distruggere, incoraggiare o ferire. Usiamo il nostro linguaggio con umiltà, senza arroganza, e con la consapevolezza che la Parola di Dio ha il potere di trasformare la realtà.
- La vera fede è credere con tutto il cuore: Gesù elogia il centurione dicendo: "Non ho trovato nessuno in Israele con una fede così grande". Questo ci fa riflettere: possiamo essere praticanti, conoscere la dottrina, ma senza una fede autentica rischiamo di restare lontani dal cuore di Dio. La fede non è solo una questione di appartenenza religiosa, ma un affidamento totale a Dio. Non dobbiamo vantare le nostre opere, ma lasciare che lo Spirito Santo operi in noi, riconoscendo che la salvezza viene solo dalla grazia di Dio.
Chiediamo a Gesù la grazia di credere con tutto il cuore, di proclamare la nostra fede con coraggio e di vivere nell'unità e nell'amore. Amen.
don Titus