13 APRILE
DOMENICA DELLE PALME
Cari fratelli e sorelle in Cristo, oggi entriamo nella Settimana Santa, iniziando con la Domenica delle Palme. Gesù entra a Gerusalemme acclamato dalle folle, osannato come re. Ma il suo è un ingresso singolare, quasi scandaloso per le logiche del mondo: non a cavallo di un destriero da guerra, ma su un umile puledro d’asina. Un re, sì, ma diverso. Un re che non impone, ma propone. Un re che non domina, ma serve. Un re che si abbassa, fino alla croce.
- L’umiltà: lo stile di Dio: Il profeta Zaccaria, nella prima lettura, già lo aveva annunciato: “Ecco, a te viene il tuo re: egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino.”
L’umiltà non è debolezza. L’umiltà è forza sotto controllo. È la forza dell’amore che non ha bisogno di urlare. È la forza della verità che non ha bisogno di imporsi. È lo stile di Dio.
San Paolo, nella seconda lettura, ci parla di Cristo come immagine del Dio invisibile, colui in cui tutto è stato creato, eppure, questo Signore del cosmo, sceglie di abbassarsi. Entra nel mondo, si fa carne, si fa servo. Ecco il mistero della nostra fede: il più grande si è fatto il più piccolo. E in questo ha rivelato la vera grandezza.
- Gesù entra a Gerusalemme con umiltà: Nel Vangelo, vediamo Gesù accolto con rami di palma e grida di gioia. Ma Giovanni aggiunge una nota importante: “I suoi discepoli non compresero queste cose all’inizio.” Spesso anche noi non capiamo. Pensiamo che per essere importanti dobbiamo mostrarci forti, vincenti, brillanti. Ma Gesù ci mostra un’altra via: quella dell’umiltà. Il vero trionfo non è quello degli applausi, ma quello della fedeltà. Gesù entra a Gerusalemme non per cercare gloria, ma per donare sé stesso. E lo farà fino alla croce. Ecco il paradosso: la gloria di Dio splende nel volto sfigurato del Crocifisso.
Vorrei raccontarvi una storia vera. Si tratta di un uomo che fu uno dei più grandi intellettuali del suo tempo. Aveva due dottorati: uno in filosofia, l’altro in teologia. Era anche un musicista di fama mondiale, con teatri sempre pieni. Ma, con grande stupore di tutti, decise di studiare ancora: medicina. Una volta ottenuto il titolo, lasciò l’Europa e si trasferì nella giungla africana. Lì costruì un ospedale e iniziò a curare i malati. Il suo nome era Albert Schweitzer, premio Nobel 1953 per la pace. Quando ricevette il Nobel, disse che tutto ciò che aveva fatto lo aveva fatto perché Gesù gli aveva chiesto di servire. Ai suoi pazienti africani diceva: “Il motivo per cui non senti più dolore è perché il Signore Gesù ha detto al dottore e a sua moglie di venire qui ad aiutarti. Se devi ringraziare qualcuno, ringrazia Gesù.”Albert Schweitzer aveva capito cosa significa essere un umile servitore di Cristo.
In questa Settimana Santa, siamo invitati a fare lo stesso cammino. Ma come? Ecco quattro passi concreti:
- Smettere di cercare l’approvazione degli altri. L’umile non ha bisogno di essere sempre notato o lodato. Sa chi è davanti a Dio. Come Gesù, che agisce per amore, non per compiacere le folle.
- Accettare i propri limiti con serenità. L’umile non si gonfia per i suoi successi, né si abbatte per i suoi fallimenti. Sa che tutto è dono, e che anche la fragilità può diventare luogo di grazia.
- Mettersi al servizio. L’umiltà si esercita nel quotidiano: ascoltare senza interrompere, aiutare senza aspettarsi nulla in cambio, chiedere scusa senza giustificarsi.
Anche lavare i piatti può diventare atto di amore, se fatto con cuore umile. - Guardare gli altri con occhi di misericordia. L’umile non giudica, non disprezza, non si sente superiore. Ama, accoglie, accompagna. Come Cristo con i suoi discepoli fragili e confusi.
Cari fratelli e sorelle, la via dell’umiltà è stretta, ma porta alla pace. È difficile, ma è l’unica che ci rende simili a Gesù. Entriamo anche noi a Gerusalemme con Lui, non con la pretesa di vincere, ma con il desiderio di amare fino alla fine. Amen.
don Titus